L’anno del Dragone.

Necessità di spazio, fame d’aria, movimento che esige assoluta libertà. Un romanzo consacrato interamente all’azione, questo di Mario Volpe, e alla memoria di quell’azione. Stiamo parlando del libro, “L’anno del Dragone”, dove il “Dragone” é il personaggio protagonista, dalla forza e dal coraggio rari, costretto a confrontarsi con la vertigine di rapporti commerciali in una terra lontana, la Cina dei primi anni 80. Violando i tabù della zona sconosciuta, non garantita da nessuno, inaccessibile al tempo del romanzo. Ma pur sempre la terra amata che il Dragone arderà conquistare, fare propria nel comprenderne i misteri e le tradizioni. La lingua e il cibo. In un rapporto di continuità durato l’arco di trent’anni, fino a vederne i primi, profondi mutamenti, che cambieranno radicalmente il volto di questo gigante asiatico.
Un libro, L’anno del Dragone, che rifiuta di essere letto solo come convenzionale concezione delle cose condizionate da un tempo passato, memoria di ciò che è accaduto, ma che ha la sua forza e la sua coesione proprio nell’eco di questo passato, vissuto tra viaggi continui e grandi imprese commerciali, fatalmente conquistato dall’azione. L’energia che percorre infatti, con la sua forza propulsiva, tutto il romanzo, tiene insieme in un modo straordinario la memoria per quello che è già accaduto con qualcosa non ancora realizzato. Una vera gioia per il lettore, che sarà così catapultato in un vortice di accadimenti, aneddoti, divertenti duetti, incontri, sorprese e imprevisti che terranno inchiodati alle pagine fino alla fine.
Sullo sfondo di queste storie compiute dai molteplici personaggi dipinti e segmentati in tanti piccoli capitoli, si innesta la rivendicazione orgogliosa del rapporto padre – figlio che, lungi dall’essere trattato come materia letteraria inerte, convalida la simmetria psicologica, lo speculare del sé. Il luogo del ritrovamento identitario. E, la consistenza solida di tale identificazione, oltrepassa coraggiosamente ogni intenzione autoriale, per divenire, senza lasciarsi in alcun modo irretire, insegnamento socratico e commovente. Una lezione di vita che, pur nel dolore della perdita, diviene ritrovamento prezioso e irreversibile.

Incanto Errante

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