Nel Cristo morto, opera tra le più intense di Mantegna, all’osservatore è offerta la visione ravvicinata delle ferite ai piedi e alle mani resa con tale minuziosa precisione da suscitare quella che viene definita come affectum devotionis: una tendenza pittorica incline a rendere l’immagine religiosa al devoto, spesso in maniera perturbante.
In questo orizzonte si muove Antonella Iovino, fotografa veronese di rara sensibilità che, utilizzando la concezione di dispositivi di questo tipo, la traspone dalla pittura alla fotografia. Dalla figura all’architettura. Il dettaglio della rappresentazione vi gioca, di fatto, un ruolo rilevante orientando lo spettatore verso un pathos mai veramente celato o anche solo trattenuto ma, al contrario, volutamente offerto in tutta la sua intensità. L’architettura in questione è rappresentata dall’ex gallettificio militare della Caserma Santa Marta. Negli scatti in bianco e nero della Iovino l’edificio, cadente e lasciato andare all’incuria del tempo, è fotografato con uno sguardo che indaga, che va in profondità in una nuova possibilità di scansione dei piani interpretativi. Prevalendo sempre l’idea della massima vicinanza tra ciò che l’obiettivo coglie e l’osservatore in un avvicinamento che contribuisce ad una drammatizzazione del rapporto. Si perché la fotografia della Iovino è contrassegnata da una sorta di “doppio gioco” in cui gli spazi presi in esame sono privati del loro uso legittimo e comune per ottenere nuove verità che, in maniera diversa, si riversano in chi guarda investendo la sfera emotiva personale. Come a dire che le stanze desolatamente vuote, le scale chiuse in un proprio ossessionante labirinto e le finestre che ricevono luce in modo appena percettibile, siano, in una moltiplicazione di miseria, un’instabilità di quella gravitas di fatto non sempre nostra vocazione. Ciò che questa fotografa ci offre, in modo così sottile ed abile è, a mio avviso, un punto di fuga situato oltre le normali convenzioni prospettiche che proprio nella brutalità visita del dettaglio deformante la realtà, nella quasi oscena ostentazione del particolare in primo piano, ci offre tuttavia un rigore ed una coerenza così stringenti e struggenti da permetterci un nuovo passaggio. Nella mancanza di congestione di luce ed ombre, ognuna sapientemente distribuita sul piano dell’immagine, il caos è assente così come l’armonia fittiziamente ottenuta. Ciò che mirabilmente resta, nella fotografia della Iovino, è l’intenzione di un nuovo ordine che, smussando ogni irregolarità, concilia le differenze. Restituisce il significato al significante. Ogni riflesso alla fascinazione della verità ritrovata.

Incanto Errante 

http://www.nostraischia.it/fotografia-tecniche-news/santa-marta-foto-caserma-verona/7648/

 

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